«Perché state a guardare il cielo?»

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.

Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».

Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

(At 1,1-11)

 

Quella dell’ASCENSIONE di Gesù al cielo è una festa da capire bene, a cominciare dal nome. Perché il termine ascensione fa pensare a qualcosa che uno fa con le proprie forze, come l’alpinista che fa un’ascensione in montagna. Ma secondo Marco (16,15-20) “Gesù fu elevato in cielo”, e anche negli Atti leggiamo che Gesù “fu elevato” e poco dopo “fu assunto”. Quando il Nuovo Testamento usa il passivo, non dice ma lascia capire che il soggetto che agisce è Dio (analogamente le più antiche formule di risurrezione sono: “Gesù è stato risuscitato” o addirittura “il Padre lo ha risuscitato”).

Torno all’ascensione e lavoro un po’ di fantasia: se Gesù non ha preso lui l’iniziativa di tornare il cielo, è perché si era appassionato alla terra, all’umanità, agli uomini e donne concreti, Lui vero Dio e VERO UOMO. Il Concilio afferma che “ha lavorato con mani di uomo, ha amato con cuore è di uomo”. Se sale al cielo – cioè se ritorna presso il Padre – è perché il Padre lo vuole con sé, fosse dipeso da lui non so davvero che cosa avrebbe scelto… Deve aver davvero sofferto al momento del distacco da noi… (qui finisce la mia fantasia).

Che Gesù sia in cielo significa una cosa molto importante: ha portato la nostra umanità presso il Padre. E ora il Padre, come ama il Figlio Gesù di un amore senza misura, non può non amare allo stesso modo quell’umanità ormai inseparabile dal Figlio-fatto-uomo.

Torniamo al racconto dell’ascensione/elevazione, a quei due uomini in bianche vesti (angeli?) che invitano i discepoli a smettere di guardare al cielo perché quel Gesù che hanno visto andare in cielo ritornerà. Perché c’è da compiere la missione che Gesù ha affidato prima di staccarsi da loro: far giungere il Vangelo in tutto il mondo.

È un messaggio chiaro e impegnativo, che vale per i cristiani di ogni tempo e di ogni luogo: il ritorno di Gesù si attende non scrutando il cielo, ma stando con i piedi in terra, sporcandosi le mani dentro la pasta del mondo: continuare a fare quel che Gesù ha fatto, raccontare il suo Vangelo, combattere e sconfiggere le forze del male (demoni, serpenti, veleni, malattie). E anche parlare lingue nuove: non solo i diversi idiomi con cui gli apostoli si rivolgeranno agli stranieri il giorno di Pentecoste, ma i diversi linguaggi dell’amore, della pace, della solidarietà, del perdono.

Lungi dal contrapporre la terra la cielo, facciamo nostro l’invito del Concilio di “consacrarci al servizio degli uomini sulla terra, così da preparare la materia per il regno dei cieli”.

Buona Ascensione!