Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
(Gv 2,13-25)
La liturgia di questa domenica presenta i DIECI COMANDAMENTI (Esodo 20,1-17). Che iniziano con l’affermazione: “Io sono il Signore Dio tuo”.
Potrebbe sembrare soltanto un titolo e quasi un’inutile premessa, ma letto per intero dà a tutta la pagina ben altra chiave di lettura: “… sono il Signore Dio tuo che ti ho fatto uscire dalla terra di Egitto, dalla condizione servile”. Prima di ordinare al popolo d’Israele che cosa deve fare, Dio ricorda che cosa egli ha fatto e sta facendo per loro: li ha liberati dall’oppressione degli Egiziani e li sta conducendo verso la terra della libertà. Come dire: quello che voi siete chiamati a fare è conseguenza di quello che avete ricevuto da me.
Ma non solo: se Dio chiede fedeltà e adorazione (il culto di Lui solo), più ancora comanda uno stile di relazioni positive tra tutti coloro che costituiscono il suo popolo. Se i doveri verso Dio li indicano tre comandamenti, sono sette quelli che stabiliscono i doveri verso i propri simili. Quasi a dire che a Dio interessa quasi di più la fraternità della religione, e l’autenticità del culto di Dio attende la verifica del rispetto e dell’amore verso il prossimo.
Questa era la legge data a Israele per mezzo di Mosè, scritta sulle tavole dell’ALLEANZA. Alleanza infinite volte violata, oppure degenerata in un sistema formale di norme prive del senso profondo di una relazione che era nata come liberante. E così Israele diventa schiavo di norme minuziose, preoccupate dalla purità legale e dell’apparenza, governate da un’aristocrazia religiosa (scribi, farisei, dottori della legge, sommi sacerdoti) il cui “centro di potere” è proprio il TEMPIO di Gerusalemme.
L’indignazione di Gesù che scaccia i mercanti con i loro animali e butta all’aria i banchi con le monete – raccontata da Giovanni 2, 13-25 all’inizio del suo Vangelo, mentre i sinottici la collocano in prossimità della passione – è contro tutto un sistema che si è creato: la compravendita degli animali per i sacrifici e la necessità di cambiare il denaro, poiché le monete romane non possono entrare nello spazio sacro avendo impressa l’immagine “divina” dell’imperatore. Gesù appare un sovversivo, e invece denuncia la perdita del senso originario del tempio come luogo di preghiera e di (sperata) relazione con Dio attraverso i sacrifici. Quella religiosità degenerata è il fallimento dell’alleanza, ci vorrà un’ALLEANZA NUOVA da celebrare in un nuovo tempio. E quel tempio sarà il CORPO di Gesù, che i Giudei distruggeranno sulla croce e che lui ricostruirà in tre giorni con la risurrezione. Ecco, dopo quella di domenica scorsa con la trasfigurazione, un’ulteriore indicazione della prospettiva pasquale della Quaresima: la croce di Gesù e la sua risurrezione. Che sono al centro del testo di Paolo (1 Corinzi 1,22-25): i Giudei hanno bisogno di un Dio potente, trionfante, che sconfigge i nemici; i Greci vanno in cerca di un Dio sapiente, all’altezza dei loro filosofi e letterati. I cristiani rispondono con un Dio debole e stolto agli occhi del mondo, questa è la CROCE: il segno della potenza e della sapienza “alternative” di Dio.
Come essere oggi cristiani sapenti e forti secondo questa logica? E la nostra fede ha bisogno di un tempio? Ci può essere il rischio di una religiosità formale, esteriore, che non ci fa vivere la sostanza dell’amore di Dio e del prossimo? La riforma di cui la Chiesa ha bisogno e che sta a cuore a papa Francesco ha a che fare con tali questioni?
Credo di sì, e faccio un piccolissimo e molto parziale esempio: in Vaticano ci sono negozi (a cui accedono con tessera varie categoria di “privilegiati”, per un periodo ne ho fatto parte anch’io) dove si comprano molte cose, p. es. vestiario costoso di ottima qualità. Comprese le sigarette e i tabacchi sottocosto (non tassate dallo stato italiano) che papa Francesco ha deciso che non siano più venduti, perché il fumo fa male e la Chiesa non può essere complice di un danno alla salute delle persone.
Viaggio con la fantasia: forse nel cuore del papa c’è il desiderio di fare qualcosa di simile con lo IOR e altri traffici e commerci che non aiutano l’annuncio del Vangelo…
Buona domenica!
PS – e anche BUON VOTO! Nonostante tutto, la democrazia è importante, abbiamone cura andando a votare